Al centro della sala troviamo “L’Angelina” (1921-1922) in gesso patinata in bronzo.
Si caratterizza per la sua posa raccolta e per lo sguardo impudico, che esprime quel senso di incertezza tipico dell’età giovanile.
L’opera era destinata ad una fontana, infatti, come possiamo vedere essa siede su un basso gradino con gambe incrociate e mani intrecciate sul ginocchio sinistro.
L’opera inizialmente non aveva il volto rivolto verso l’esterno. Fu infatti il suo maestro Giuseppe Fallani a suggerire di girare la testa per equilibrare e armonizzare la composizione.
Successivamente troviamo la “Vittoria Alata” 1925 (bozzetto in gesso) una rivisitazione della Nike di Samotracia (presente a Louvre) che rappresenta una dea che atterra sulla prua di una nave, e fu realizzata per il concorso per il monumento ai caduti di mercato saraceno, Città natale di Lorenzo Ferri.
A concludere l’esposizione della prima sala troviamo “La leggenda di Orfeo” (1926), una delle opere più significative, è un bassorielievo lungo quasi 3 metri in gesso patinato in bronzo. L’opera si divide in due parti: nella parte superiore troviamo il mondo spirituale, dove sono raffigurate sia figure mitologiche sia episodi biblici ed è per questo che secondo l’artista stesso l’opera può avere una lettura profana ed al tempo stesso cristiana.
Nella parte inferiore vi è invece il mondo materiale, dove sono raffigurati donne e guerrieri che simboleggiano l’umanità.
Al centro del mondo spirituale troviamo il Cristo Orfeo che arpeggiando con il suono della sua musica, derime l’umanità da passioni, necessità e paura della morte.
Mentre al centro del mondo materiale troviamo il serpente Ouroboros, simbolo del male per eccellenza, che secondo una leggenda nel suo rincorrere se stesso esprime l’eterno, ovvero il ciclo della vita e della morte.