Nelle opere giovanili (1920-1930) l’artista si concentra sullo studio anatomico, come si può notare nello studio Gli Amanti realizzato a 16 anni. La stessa attenzione per i volumi corporei la troviamo negli esercizi plastici, avendo vinto il pensionato alla Scuola della Zecca di Roma, nei quali le proporzioni e i dettagli anatomici della figura umana vengono inseriti in uno spazio definito. Tra i più significativi, dove si vede l’influenza del maestro Giuseppe Romagnoli, il Nudo Virile Appoggiato a un’asta.
Al centro “L’Angelina” (1921-1922), la prima vera opera scultorea, in gesso patinato bronzo.
Si caratterizza per lo sguardo pudico, che esprime quel senso di incertezza tipico dell’età giovanile, e la posa raccolta, seduta su un basso gradino con gambe incrociate e mani intrecciate sul ginocchio sinistro. L’opera era destinata ad una fontana. Fu il suo maestro Giuseppe Fallani a suggerire di girare la testa per equilibrare e armonizzare la composizione e renderla più naturale.
In fondo troviamo la “Vittoria Alata” (1925) realizzata nell’ambito del concorso per il monumento ai caduti di Mercato Saraceno, Città natale di Lorenzo Ferri. Il bozzetto in gesso, rappresenta la Vittoria in atto di spiccare il volo. Invece il particolare a grandezza naturale può essere accostato a una rivisitazione della Nike di Samotracia. Nella parete troviamo la “Leggenda di Orfeo” (1926), opera premiata a Buenos Aires, un bassorilievo in gesso patinato bronzo. In una composizione di impianto classico, nella parte superiore è raffigurato il mondo spirituale, al centro la figura mitologica del musico Orfeo, che ha il potere di ammansire le fiere con la musica. Ma in Orfeo è adombrato Cristo che redime l’umanità da passioni, necessità e paura della morte raffigurate simbolicamente nella parte inferiore – il mondo materiale, anch’esso diviso: a sinistra la parte virtuosa- i pastori, le madri- dell’umanità, a destra- i guerrieri- la parte peggiore. Al centro, in opposizione ad Orfeo, campeggia il serpente che si morde la coda, l’Ouroboros, simbolo del male. Secondo una leggenda nel suo rincorrere sé stesso esprime l’eterno, ovvero il ciclo della vita e della morte.